Strengthening of the Italian Research Infrastructure for Metrology and Open Access Data in support to the Agrifood
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L'export agroalimentare italiano è in salute: ecco perchè
Un recente report di FEDERALIMENTARE ha messo in evidenza come l’export dell’industria alimentare italiana abbia segnati un +9,3% nei primi sette mesi dell’anno, tanto da potersi attestare intorno ai 57 miliardi di euro a fine 2024. Un dato che, peraltro, è nella scia degli ultimi anni, che hanno visto incrementi sempre più significativi.
A cosa è dovuto questo + 9,3% dell’export? Analizziamo alcuni degli aspetti che ne condizionano il trend con il Dr. Massimo Iannetta, responsabile della Divisione ENEA sui Sistemi Agroalimentari Sostenibili e vice Presidente del CTS del Cluster Tecnologico Nazionale AgriFood (C.L.AN.).
Le catene di approvvigionamento
“Occorre partire da un approfondimento sulle catene globali del valore e sul grado di approvvigionamento delle diverse filiere nazionali, che ha portato notizie molto positive e quasi inattese.La maggiore apertura internazionale ha favorito i rapporti commerciali con l’estero, unita ad una più solida struttura produttiva e logistica che, di fatto, ha alzato il grado di autonomia delle forniture rispetto ai fabbisogni alimentari. L’agroalimentare italiano ha sperimentato progressi su entrambi i fronti, estero e interno”.
Uno degli indicatori chiave è il tasso di approvvigionamento generale del settore agroalimentare italiano, inteso come rapporto tra il valore della produzione interna e quello dei consumi, che nel complesso si è attestato, nel 2023, vicino al 100% (99,2%).
Esistono differenze nei singoli comparti produttivi, in particolare la compresenza di un’agricoltura deficitaria di alcuni prodotti e di un’industria alimentare orientata all’esportazione determina situazioni di significativa dipendenza dall’estero circa l’approvvigionamento di materie prime da trasformare in prodotti campioni del made in Italy. Una tendenza che si è accentuata negli ultimi anni, di pari passo all’aumento della capacità di penetrazione sui mercati esteri dell’industria alimentare e alla contestuale minore disponibilità di materia prima nazionale a causa dell’impatto dei cambiamenti climatici.
Questo deficit rende alcune filiere più vulnerabili a fattori geopolitici (conflitto russo-ucraino), climatici e sanitari che influenzano le catene di fornitura, specie laddove il tasso di approvvigionamento è basso e la provenienza delle importazioni è fortemente concentrata o legata a paesi lontani e a rischio.
I primi dieci prodotti importati dall’Italia sono in ordine: caffè, olio extravergine d’oliva, mais, bovini vivi, prosciutti e spalle di suini, frumento tenero e duro, fave di soia, olio di palma e panelli di estrazione dell’olio di soia. Il grado di autosufficienza dell’Italia per questi prodotti varia dallo 0% nel caso del caffè e dell’olio di palma a oltre il 60% nel caso dei prosciutti, ma sono mais e soia, ingredienti di base dell’alimentazione zootecnica, i prodotti che presentano le maggiori criticità in termini di approvvigionamento, che negli ultimi venti anni sono considerevolmente aumentate, comportando una drastica riduzione del tasso di approvvigionamento (al 46% per il mais e al 32% per la soia nel 2023). Quanto ai Paesi d’origine, per la soia si evidenzia una forte concentrazione delle forniture dal Brasile (50%), mentre nel caso del mais, pur in presenza di un livello di concentrazione minore, prevalgono gli arrivi dall’Ucraina, un Paese a rischio elevato.
Il tasso di approvvigionamento italiano è basso anche per i frumenti, con l’industria pastaria che dipende per il 44% dalle forniture provenienti da Canada, Russia, Grecia e Turchia e quella dei prodotti da forno che per il 64% del suo fabbisogno ricorre al prodotto di origine ungherese, francese, austriaco, ucraino e romeno.
L’Italia è importatore netto di suini e anche per la carne bovina il tasso di approvvigionamento è sceso a livelli molto bassi nel 2023 (40%), con la Francia che concentra l’85% del valore dell’import di bovini da ristallo. La prevalenza di un solo fornitore, trattandosi della Francia, è rassicurante sul fronte geopolitico ma rende comunque vulnerabile la filiera nazionale ad altri fattori, come testimoniano le recenti difficoltà dovute alle restrizioni sanitarie associate alla diffusione negli allevamenti francesi di epizoozie e alla più recente emergenza Blue tongue.
Infine, per l’olio extravergine di oliva, di cui l’Italia è il secondo maggiore esportatore mondiale e il primo consumatore, le forniture provenienti dagli altri paesi del bacino Mediterraneo, in primis la Spagna, sfiorano il 50% del nostro fabbisogno, legando a doppio filo le sorti del prodotto nazionale a quello estero, soprattutto in termini di variabilità dei prezzi.
“Dal rapporto ISMEA, da cui sono estratti i dati riportati in questa disamina, emergono le doti di solidità e resilienza dell’agroalimentare italiano, di fronte alle tante sfide di natura macroeconomica, geopolitica e meteo climatica. Un settore che si è ritagliato un posto di rilievo nell’economia nazionale, arrivando a rappresentare, nella sua accezione più estesa “dal campo alla tavola”, oltre il 15% del Pil nazionale, e che riveste un ruolo da protagonista anche in Europa e nel mondo.Al nostro Paese si deve quasi il 17% del valore aggiunto agricolo europeo e quasi il 12% di quello dell’industria alimentare, quote che collocano l’Italia ai primissimi posti in Ue, mentre le esportazioni, cresciute di circa il 90% in un decennio, evidenziano una dinamicità superiore alla media europea, mondiale e dei principali competitor. Da segnalare, tuttavia, in uno scenario internazionale di crescente instabilità, la questione della strutturale dipendenza dall’estero di alcune filiere chiave del made in Italy. Inoltre, la catena del valore dell’agroalimentare italiano non è solo rappresentata dall’eccellenza dei prodotti alimentari e dai suoi marchi DOC, IGP e DOCG, ma anche dalla tecnologia manifatturiera (primo comparto del manifatturiero italiano), dalla leadership nella produzione di impianti di trasformazione e di packaging, dalla capacità logistica e, non ultimo, da brevetti e innovazioni esportati in tutto il mondo”, spiega il responsabile della Divisione ENEA.
Il G7 e il contributo della Scienza e dell’Innovazione alla sostenibilità dei Sistemi Agroalimentari
Al recente “G7 – Agricoltura e Pesca” è stata, ancora una volta, sottolineata la necessità di investire responsabilmente in agricoltura sostenibile e in sistemi alimentari in grado di fornire cibo sicuro, e di qualità per tutti, riducendo le perdite e gli sprechi alimentari, dalla produzione al consumo. La filiera globale del cibo, infatti, produce circa il 32% dei gas serra totali (fonte FAO 2024), non può quindi esserci una lotta al riscaldamento globale che non passi per la trasformazione della filiera agroalimentare. In questo scenario, il documento finale del G7 ribadisce il contributo che la scienza e l’innovazione possono dare per mitigare il cambiamento climatico e per rispondere alla domanda di cibo sicuro a livello globale. Il ruolo dell’innovazione tecnologica nell’accompagnare la transizione dell’agroalimentare, insomma, è una indiscussa priorità per mantenere la leadership globale della filiera del cibo italiano.
Occorre quindi creare nuove opportunità strategiche per la catena del valore agroalimentare del Made in Italy attraverso investimenti nella transizione tecnologica che stimolino un legame virtuoso tra imprese ed ecosistema delle startup e dell’innovazione. Il tema chiaveè la transizione tecnologica dell’agroalimentare, un processo ineludibile e non procrastinabile per mantenere la global leadership del nostro Paese, potenziando al contempo sostenibilità e competitività delle imprese italiane.
Ecosistema Agrifoodtech in Italia
A fronte di queste enormi opportunità, l’ecosistema dell’innovazione Agrifoodtech in Italia è ancora in una fase embrionale. Il 2023 ha visto investimenti complessivi per circa 250 milioni di euro (Fonte: AGfunder), significativamente inferiori agli investimenti in startup innovative del settore Agrifoodtech nei principali paesi europei, e incomparabile rispetto alla Silicon Valley. Inoltre, un’analisi di ForwardFooding ha indicato che l’Italia è al 4° posto in Europa per numerosità di startup Agrifoodtech, ma solo al 10° per capitali raccolti.
La partnership tra Federalimentare, il fondo Linfa gestito da Riello Investimenti Sgr e il Centro di Ricerca Luiss X.ITE nasce con l’obiettivo di creare un legame virtuoso tra imprese ed ecosistema delle startup e dell’innovazione, al fine di stimolare crescita dell’innovazione e scala economica della nuova imprenditorialità tecnologica. Il tutto, col fine ultimo di accelerare l’adozione di nuove tecnologie e sviluppare un ecosistema che sostenga lo sforzo innovativo che tutte le imprese italiane stanno affrontando. Ragione per cui Federalimentare insieme al Cluster Tecnologico Nazionale AgriFood (C.L.AN.) promuove un “Osservatorio sulla Transizione Tecnologica dell’Agroalimentare Made in Italy”, per rafforzare evalorizzare l’ecosistema dell’innovazioneverso la transizionedei sistemi agroalimentari Made in Italy.
Il 70% dell'innovazione descritta dalle aziende coinvolte in questo studio proviene da fonti esterne, a dimostrazione del consolidamento dell'Open Innovation all'interno del settore. Per quanto riguarda l'innovazione, il focus è sul prodotto, mentre i processi e i modelli di business sono meno sviluppati. Tuttavia, le aziende sono consapevoli delle future sfide globali del settore ed intendono rafforzare gli strumenti già in uso ed investire maggiormente nella cultura dell'innovazione aziendale, che mette al centro la collaborazione tra diversi attori della filiera, imperativo strategico per il 93% delle aziende del settore.Questa crescente fiducia nelle reti collaborative si traduce in un rinnovato atteggiamento nei confronti delle startup, all’insegna di un impatto significativo sull’intera catena del valore. Sebbene Università e Poli Tecnologici (93%) siano ancora al centro dell’innovazione, seguite dal co-sviluppo con partner esterni (71%), sempre più aziende si destreggiano tra scouting di nuove realtà innovative virtuose (50%), investimenti diretti in startup (25%) e loro incubazione (17%). Indice dell’apprezzamento verso nuove forme di collaborazione.
Il futuro dell’agrifood tra sostenibilità e tracciabilità: il ruolo dell’ENEA
Uno studio realizzato da Eatable Adventures sull'innovazione nel sistema agroalimentare, sulla definizione, lo sviluppo e gli strumenti dell'innovazione aperta, sulle principali tendenze del mercato, con particolare attenzione alla sostenibilità, alla tracciabilità degli alimenti e ai nuovi canali di vendita, evidenzia come gli investimenti aziendali per l'innovazione sono in aumento, così come l'interesse a sviluppare progetti pilota congiunti.
In sintesi le aziende intendono rafforzare la cultura dell’innovazione, puntando su tre pillar fondamentali: sostenibilità, tracciabilità e canali di vendita. Oltre il 75% delle imprese mostra un forte interesse per lo sviluppo di nuovi prodotti a impatto positivo a tutto tondo, requisito oggi imprescindibile per il successo di qualsiasi impresa.Inoltre, comprendere le nuove esigenze di un consumatore sempre più critico e attento, incide sia sulla tendenza ad essere più trasparenti sull’origine bidirezionale dei prodotti e sull’intera filiera, sia sulla nascita di nuovi canali di vendita.
“Il mondo della ricerca ha raccolto la sfida e sta investendo sia in ambito nazionale che europeo su iniziative di sviluppo tecnologico ed innovazione che vanno in questa direzione, creando sinergie sempre più strette con imprese consolidate, nuove realtà emergenti e startup all’avanguardia, per accelerare sul fronte dei processi di “open innovation” e dare ulteriore slancio al Made in Italy Agroalimentare e all’economia del Paese. Ad interpretare nel merito i tre pillar fondamentali dell’Agroalimentare sui temi della Sostenibilità, Tracciabilità e nuovi Canali di Vendita è stata l’ENEA attraverso il coordinamento siadell’Infrastruttura di Ricerca Europea METROFOOD-RI che di quella Italiana METROFOOD-IT. L’obiettivo è quello di integrare e armonizzare la ricerca scientifica nel campo della tracciabilità, origine, qualità e sicurezza alimentare nell’ottica della sostenibilità, consentendo un coordinamento su scala nazionale, europea ed aprendo scenari anche su scala globale. METROFOOD-RI ed IT, in piena sintonia con la “Rome declaration on Responsible Research and Innovation (RRI) in Europe”, si adopera per allineare la ricerca e l’innovazione ai valori, ai bisogni e alle aspettative della Società.A livello nazionale METROFOOD-IT rappresenta un’importante opportunità per integrare risorse e competenze scientifiche, a vantaggio dello sviluppo, della competitività e sostenibilità del Sistema Agroalimentare, a supporto della prevenzione dei rischi e dei controlli per la sicurezza alimentare e la lotta alle contraffazioni. L’obiettivo è di consolidare, rafforzare ed espandere il contributo italiano all’Infrastruttura di Ricerca pan-Europea METROFOOD-RI, realizzare congiuntamente programmi dedicati e distribuiti sul territorio per la formazione e la specializzazione di ricercatori, professionisti e operatori di settore e facilitare la partecipazione congiunta ai bandi Horizon 2020 e ad altri bandi a livello trans-nazionale, nazionale o regionale” evidenzia Iannetta.